Amanita phalloides: scoperto l’antidoto che può sconfiggere il fungo più letale al mondo
Chi ha mai sentito parlare della verde indocianina? Ora potrebbe diventare l’antidoto che salva vite contro il fungo più letale al mondo.
L'Amanita phalloides, comunemente conosciuta come "Fallo di Morte", è il fungo più velenoso al mondo, responsabile della maggior parte delle morti per avvelenamento da funghi. Le conseguenze dell'ingestione sono spesso fatali anche per quantità minime, rendendo necessaria la ricerca di un antidoto efficace. Un recente studio pubblicato su Nature Communications ha aperto una nuova strada nella lotta contro questa minaccia mortale, identificando un farmaco promettente: la verde indocianina (ICG), una tintura medica che, se somministrata rapidamente, neutralizza gli effetti della tossina α-amanitina (AMA), il principale veleno prodotto dal fungo.
Amanita phalloides: il fungo assassino
Conosciuta anche come death cap, tignosa verdognola o angelo della morte, l’Amanita phalloides si presenta con un caratteristico cappello giallognolo e un gambo bianco decorato da sottili striature. La sua distribuzione ampia, unita all'aspetto relativamente innocuo, la rende particolarmente pericolosa per gli appassionati di funghi, che possono scambiarla facilmente per specie commestibili. Anche una quantità minima di questo fungo può provocare danni gravi e spesso irreversibili al fegato e ai reni, organi maggiormente colpiti dalla sindrome falloidea, il quadro di sintomi causato dalla tossina AMA.
Questa tossina agisce come un veleno subdolo: inizialmente provoca lievi sintomi gastrointestinali, che si presentano entro poche ore dall'ingestione. Tuttavia, è solo dopo 24-48 ore che iniziano a manifestarsi i sintomi più gravi, quando il veleno ha già iniziato a danneggiare le cellule epatiche e renali in modo irreversibile, portando rapidamente a insufficienza d’organo e, in assenza di cure tempestive, alla morte.
La ricerca di un antidoto: la scoperta della verde indocianina
Per decenni, i trattamenti contro l'avvelenamento da Amanita phalloides si sono limitati a terapie di supporto come la decontaminazione del tratto gastrointestinale e la gestione dei sintomi. L’assenza di un antidoto specifico ha rappresentato un problema serio, specialmente nei casi più gravi. Tuttavia, una scoperta recente ha identificato la verde indocianina (ICG), una tintura diagnostica già approvata dalla FDA per l’uso umano, come un potenziale inibitore della tossicità dell’α-amanitina.
La verde indocianina è nota per il suo utilizzo nella diagnostica medica, in particolare per esami del fegato e della circolazione sanguigna, grazie alla sua capacità di evidenziarsi con fluorescenza in alcune aree del corpo. Tuttavia, gli scienziati hanno scoperto che questa sostanza può svolgere un ruolo cruciale nel contrastare la tossicità dell’α-amanitina grazie alla sua capacità di inibire l’enzima STT3B.
Il ruolo dell'enzima STT3B nella tossicità dell’α-amanitina
L’α-amanitina esercita la sua azione letale bloccando l'RNA polimerasi II, un enzima essenziale per la sintesi delle proteine nelle cellule. Questo blocco porta alla morte cellulare attraverso una cascata di eventi tossici che colpiscono principalmente il fegato. L’enzima STT3B, invece, è coinvolto in un processo chiamato N-glicosilazione, una modifica delle proteine che le rende più stabili e funzionali all’interno delle cellule. Lo studio ha dimostrato che STT3B è essenziale per l’efficacia dell’α-amanitina e che, inibendo questo enzima con l’uso della verde indocianina, si può ridurre notevolmente l'entrata della tossina nelle cellule e prevenire i danni cellulari da essa indotti.
Esperimenti e risultati promettenti: la verde indocianina in azione
La sperimentazione su topi e organoidi epatici (piccoli modelli di fegato in vitro) ha fornito risultati estremamente promettenti. In particolare, è stato osservato che la verde indocianina è in grado di bloccare la morte cellulare innescata dall’α-amanitina sia in vitro, su cellule umane, sia in vivo, su modelli animali. Quando la sostanza viene somministrata entro 4 ore dall’intossicazione, la sopravvivenza dei topi aumenta significativamente, raggiungendo il 50%. Tuttavia, per somministrazioni effettuate oltre le 8-12 ore dall'avvelenamento, l'efficacia diminuisce drasticamente, sottolineando l’importanza della tempestività nell’intervento.
Le specie di Amanita: tra bellezza e pericolo
L'Amanita phalloides è solo una delle numerose specie velenose appartenenti al genere Amanita. Altre specie pericolose includono l'Amanita verna (tignosa di primavera), anch'essa altamente tossica, e l'Amanita muscaria (ovolo malefico), famosa per il suo cappello rosso con puntini bianchi e per la presenza di muscarina, una tossina psicoattiva. È interessante notare che non tutte le Amanite sono velenose: alcune specie, come l'Amanita caesarea (ovolo buono), sono addirittura apprezzate in cucina e considerate prelibatezze. Questo rende il genere Amanita affascinante e pericoloso allo stesso tempo, motivo per cui è fondamentale saper riconoscere le specie per evitare intossicazioni.
Verso un futuro senza paura del Fallo di Morte
La scoperta della verde indocianina come potenziale antidoto contro la tossicità dell’α-amanitina rappresenta una svolta epocale nella medicina d’urgenza e nella micologia. Sebbene sia necessaria ancora una validazione clinica sull'uomo, i risultati ottenuti sui modelli animali sono molto incoraggianti. La combinazione di tecniche all’avanguardia, come il genome editing CRISPR per identificare i meccanismi molecolari, ha permesso di compiere un passo importante verso l'obiettivo di rendere meno letale un pericolo naturale che ha terrorizzato gli appassionati di funghi per secoli.
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