Montchavin e il fungo maledetto: la strana epidemia che ha scosso un villaggio alpino
C’era una volta, in un angolo remoto delle Alpi francesi, un villaggio da cartolina. Si chiamava Montchavin. Duecento anime, silenzio ovattato di neve, baite antiche e tradizioni intatte. Un luogo che sembrava immune al tempo. Ma sotto quella patina idilliaca si celava un segreto oscuro, una lenta maledizione.
Tra il 1991 e il 2019, qualcosa di terribile ha iniziato ad accadere. Sedici abitanti – quasi uno su dieci – sono stati colpiti da una malattia spietata e incurabile: la Sclerosi Laterale Amiotrofica, o SLA. Il corpo si spegne lentamente, intrappolando la mente in una prigione di carne. Un destino crudele, che ha trasformato il paradiso alpino in un teatro di angoscia.
Le autorità, inizialmente scettiche, parlavano di coincidenze. Ma a Montchavin nessuno credeva più al caso.
I primi sospetti: acqua, metalli, onde… o forse una maledizione
A lanciare il primo grido d’allarme fu la dottoressa Valerie Foucault. Medico del villaggio da inizio anni '90, vide aumentare i casi uno dopo l’altro. Nel 2009, quando i malati erano già cinque, capì che qualcosa non tornava. Ma le istituzioni, all’inizio, la ignorarono.
Fu solo nel 2010, con altri tre casi, che l’ombra di Montchavin cominciò ad attirare attenzione. Si analizzò tutto: l’acqua, i serbatoi, i terreni, i vapori del radon, persino il legno delle vecchie carrozze ferroviarie. Gli abitanti, sottoposti a questionari di tre ore, raccontarono ogni dettaglio delle loro vite. Nulla. Nemmeno un filo conduttore genetico: nessuna parentela, nessuna mutazione comune. Solo silenzio, e morte.
E mentre alcuni parlavano di antenne, miniere dismesse, persino di incantesimi, gli scienziati brancolavano nel buio.
La svolta: un fungo, una delizia... e forse un veleno
Poi, nel 2017, da oltreoceano arrivò un uomo: il neurologo americano Peter Spencer. Aveva già studiato casi simili in luoghi lontani, come Guam, dove una misteriosa malattia nervosa era stata collegata al consumo di semi tossici. Spencer aveva una teoria audace: forse il male veniva da ciò che si mangiava. Più precisamente, da un fungo.
Insieme alla neurologa francese Emmeline Lagrange, Spencer indagò con nuove domande. E un nome cominciò a emergere dai racconti degli abitanti: Gyromitra esculenta, noto come falso spugnolo. Una specie rara, fragile, molto apprezzata per il suo sapore... ma potenzialmente letale.
Un fungo ambiguo, che se non trattato con estrema cura può liberare tossine neurotossiche, capaci di danneggiare i motoneuroni. La maggioranza dei malati ricordava di averlo consumato. Alcuni, addirittura, di essersi sentiti male dopo averlo mangiato. Al contrario, nessuno dei 48 soggetti sani del gruppo di controllo dichiarò di averlo mai assaggiato.
Nel 2021 fu pubblicato uno studio inquietante: “Le genotossine fungine potrebbero indurre la degenerazione dei motoneuroni”. Ma bastava? Forse no. Persino Spencer invitava alla cautela: correlazione non è causalità.
La gente del villaggio: scetticismo, memoria e superstizione
E Montchavin, come reagì?
Alcuni, come Ginette Blanchet, nipote di una delle vittime, ammettono il consumo del fungo, ma suggeriscono altri fattori. “Tutti passavano molto tempo nei boschi, cacciavano, tagliavano legna”. Altri, come Mireille Marchand, pur avendo mangiato i falsi spugnoli per vent’anni, non credono alla teoria: “Io sto benissimo. Non è detto che siano loro la causa. Penso che rimarrà un mistero”.
Persino Herve Fino, amico intimo di una delle vittime, minimizza: “Marie Paul non li mangiava. Forse fu lo stress del ristorante fallito a farla ammalare”.
Ma la voce più inquietante è quella di Steve Isaac, unico sopravvissuto. Oggi comunica solo con gli occhi. Vive paralizzato, ma la mente è lucida. E nega tutto: “Non ho mai mangiato falsi spugnoli. Non so perché tante persone si sono ammalate qui. Forse è solo una terribile coincidenza”.
Fine della maledizione?
C'è un dettaglio, però, che inquieta. Da quando, nel 2019, gli abitanti hanno smesso di consumare quel fungo... non si sono verificati nuovi casi. Zero. Silenzio. Coincidenza? Ultimo capitolo? Oppure solo l’illusione che la maledizione sia finita?
Montchavin rimane lì, avvolta dalla neve e dal mistero. E il Gyromitra esculenta, tra gli aghi dei pini e l’umidità del sottobosco, forse aspetta. In silenzio.

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