Armillaria ostoyae (Chiodino scuro, Fungo del miele, Chiodino di foresta)
Indice
- Introduzione
- Nome scientifico
- Classificazione
- Nomi comuni
- Commestibilità
- Caratteristiche morfologiche
- Caratteristiche organolettiche e di habitat
- Distribuzione geografica
- Stagionalità
- Possibili Confusioni
- Proprietà medicinali o tossiche
- Metodo di coltivazione
- Storia, usi tradizionali e curiosità
- In cucina
Introduzione
Armillaria ostoyae, noto anche come "Chiodino scuro" o "Fungo del miele", è una specie di fungo parassita appartenente alla famiglia delle Physalacriaceae. È famoso non solo per la sua commestibilità, ma anche perché è uno degli organismi viventi più grandi sulla Terra, con una colonia di oltre 9 km² nell’Oregon, Stati Uniti. Il fungo è un patogeno forestale che provoca la "marciume radicale" degli alberi.
Nome scientifico
Il nome scientifico attuale del fungo è Armillaria ostoyae.
Classificazione
- Regno: Fungi
- Divisione: Basidiomycota
- Classe: Agaricomycetes
- Ordine: Agaricales
- Famiglia: Physalacriaceae
- Genere: Armillaria
- Specie: Armillaria ostoyae
Fonte: MycoBank
Nomi comuni
Il Armillaria ostoyae è comunemente conosciuto come "Chiodino scuro", "Fungo del miele", o "Chiodino di foresta".
Commestibilità
Il Armillaria ostoyae è commestibile, ma richiede una cottura prolungata per eliminare le tossine termolabili che possono causare disturbi gastrointestinali. Va consumato con moderazione, poiché alcune persone possono essere sensibili al fungo, sviluppando intolleranze o allergie. Non deve mai essere consumato crudo o poco cotto.
Caratteristiche morfologiche
- Cappello: Convesso o piano, con un diametro di 5-15 cm, di colore marrone scuro o giallo-marrone, ricoperto da piccole squame scure.
- Lamelle: Bianche o crema, fitte e aderenti al gambo.
- Gambo: Robusto, fibroso, giallastro o marrone chiaro, con un anello bianco persistente.
- Spore: Bianche in massa, ellissoidali.
Caratteristiche organolettiche e di habitat
Il sapore del Armillaria ostoyae è dolciastro, terroso, con un odore fungino leggermente fruttato. Cresce principalmente su ceppi e radici di alberi morti o morenti, sia di conifere che di latifoglie. È noto per essere un parassita che provoca la morte degli alberi a causa del marciume radicale bianco.
Distribuzione geografica
Il Armillaria ostoyae è ampiamente distribuito in tutto l’emisfero boreale, crescendo in Europa, Nord America e Asia. Si trova principalmente nelle foreste temperate, ma può colonizzare anche alberi in climi più freddi o umidi.
Stagionalità
Fruttifica dall'estate all'autunno, con picchi di raccolta tra settembre e novembre, specialmente dopo piogge abbondanti.
Possibili Confusioni
Il Armillaria ostoyae può essere confuso con altre specie del genere Armillaria, come il Armillaria mellea o il Armillaria tabescens, con cui condivide alcune caratteristiche morfologiche. La presenza dell'anello sul gambo è un fattore distintivo rispetto a Armillaria tabescens, che ne è privo.
Proprietà medicinali o tossiche
Il Armillaria ostoyae non ha particolari proprietà medicinali note, ma può contenere tossine termolabili che vengono eliminate con una cottura prolungata. Consumare il fungo crudo o poco cotto può causare sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea. Per ulteriori informazioni, consulta PubMed.
Metodo di coltivazione
Il Armillaria ostoyae non è coltivabile commercialmente, poiché è un fungo parassita che attacca alberi vivi o morti. Cresce spontaneamente nelle foreste e non viene raccolto per la coltivazione a scopo commerciale.
Storia, usi tradizionali e curiosità
Il Armillaria ostoyae è famoso per essere uno degli organismi viventi più grandi del mondo, con una colonia nel Parco Nazionale di Malheur, Oregon, che si estende su oltre 9 chilometri quadrati. Questo fungo è noto per il suo impatto devastante sugli alberi, ma viene raccolto in alcune regioni per scopi culinari.
In cucina
Il Armillaria ostoyae può essere consumato dopo una cottura prolungata, preferibilmente trifolato o in umido. È importante cucinarlo completamente per eliminare le tossine. Il suo sapore terroso lo rende adatto per zuppe, stufati e contorni, ma deve essere consumato con cautela, poiché alcune persone possono sviluppare intolleranze.
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